Tutto ebbe inizio quando una spedizione venne mandata ad esplorare la giungla del delta del Diquis, un fiume nei pressi della cittadina di Palmar Sur. Nella zona più inospitale del paese rinvennero, sparpagliate sul luogo, delle sfere di dura pietra, tutte con forma sferica quasi perfetta. Le pietre, a centinaia, presentavano le dimensioni più svariate, da quelle della grandezza di una palla da tennis, alle più grosse del diametro superiore ai 2 metri. Quasi tutte ricavate dal solido granodiorite (della famiglia del granito) e dal gabbro (equivalente del basalto), le più grandi raggiungevano 16 tonnellate di peso. Il materiale adoperato nella loro costruzione, poteva essere estratto solo in zone distanti 48 km dal luogo del ritrovamento. Chiunque sia stato lo scultore, doveva aver lavorato incessantemente per poter levigare le pietre fino ad un tale livello di precisione (le migliori conservate hanno uno scarto di errore di pochi centimetri), partendo per gli esemplari più grandi da un cubo di roccia di 2,75 m di lato (minimo per poter ricavare un sfera del diametro di 2,4 m). Anche il trasporto doveva essere un’impresa, anche attraverso un rotolamento controllato.
Alcune sfere furono trovate leggermente sepolte, altre, più grandi erano collocate in file dritte o curve, e certune erano disposte a formare triangoli. Una delle cittadine in cui furono rinvenute numerose di queste sfere di granito si chiama bolas, per l’appunto in spagnolo “palla”.
Proprio queste “las bolas” furono rese famose dalla sequenza iniziale di Indiana Jones e i predatori dell’Arca perduta.
Finalmente a partire dal 1940 furono inviati sul luogo alcuni archeologi americani. Lavorarono incessantemente per il loro recupero, al fine di studiare e preservare le ormai conosciute “Sfere del Costa Rica”. Il numero delle sfere, infatti, era diminuito notevolmente prima del loro arrivo; molte erano state rubate, vendute ai collezionisti, altre rotte dai locali, nel vano tentativo di scoprire i segreti celati al loro interno (si pensi al film americano Cocoon). Per evitare il loro danneggiamento, gli archeologi si rivolsero alle autorità locali, affinché risistemassero i manufatti all’interno di parchi e giardini privati.
Oggi se ne possono trovare numerose disseminate in tutto il paese, molte adornano persino i cigli delle strade. Poche più pesanti e difficili da trasportare, semisepolte nel terreno, a causa dell’elevato peso, sono rimaste nel loro luogo d’origine. Molte sfere possono essere ancora oggi sepolte e nascoste nella fitta vegetazione della giungla.
Molti gli interrogativi, ancor più i misteri che aleggiano intorno a questa straordinaria scoperta (scomodando persino Atlantide, le rotte aliene, una civiltà iper-tecnologiche di 12.000 anni fa, ecc.). Mi pronuncerò sui primi interrogativi, trascurando le spiegazioni più fantasiose. Ci si chiede chi le ha costruite, in quale periodo, perché e soprattutto con quali mezzi lo ha fatto?
- Difficile stabilire con certezza chi siano i creatori, ma gli artefatti ritrovati nel contesto di scavo vicino alle sfere indica la fattura dei popoli indigeni di lingua Chibchan. Queste culture stanziavano in insediamenti sparsi, alcuni dei quali superavano i 2000 abitanti. Le case tipiche presentavano forma rotonda, con le fondazioni in ciottoli di fiume arrotondati. Vivevano di pesca e caccia, così come di agricoltura.
- La datazione attendibile delle sfere è avvenuta attraverso l’analisi stratigrafica e degli artefatti trovati nelle vicinanze. La maggior parte potrebbe quindi risalire ad un periodo compreso tra il 600 d.C. e il 1500 d.C., poco prima dell’arrivo degli Spagnoli che farà estinguere del tutto queste popolazioni autoctone. Le sfere sono state probabilmente utilizzate nel corso dei secoli dalle diverse generazioni indigene, i quali le avrebbero modificate e spostate.
- Dalle ricerche preliminari si concluse che le sfere avevano diverse funzioni a seconda dell’area su cui insistevano. Le più piccole, dal diametro tra i 20-40 cm, venivano poste su bassi tumuli funerari, forse a rappresentare lo status sociale del defunto attraverso il loro diametro; altre invece potrebbero avere funzione religiosa o magica, visto che molte erano allineate lungo linee rette e curve, così come in triangoli e parallelogrammi. Un gruppo di quattro sfere è risultato essere disposto in linea orientato verso il nord magnetico.
- Nonostante l’usura del tempo, le sfere presentano sulla loro superficie i segni degli scalpelli e degli strumenti utilizzati per crearle. Senza l’ausilio del metallo era possibile comunque levigare le superfici, come si faceva già intagliando gli utensili in pietra come le asce.
Le sfere rappresentano tuttora un enigma per gli studiosi. Non si conosce il motivo per cui furono costruite e chi le fece non lasciò nessun documento scritto. I dati archeologi permettono di ricostruire il contesto ma la cultura che le creò si estinse poco dopo la conquista spagnola.
Molto interessanti appaiono anche le antiche leggende associate ad esse. Una narra che i loro costruttori padroneggiavano un particolare liquido, ottenuto da una pianta, in grado di rendere la pietra morbida e facile da modellare. L’altra fa riferimento alla cosmologia condivisa con culture ancestrali americane simili, in cui le sfere sono indicate come le “palle di cannone di Tara”. Tara, o Tlatchque, era venerato come dio del tuono, il quale utilizzava un cannone gigante per sparare i suoi colpi verso Serkes, divinità dei venti e degli uragani, al fine di scacciarlo via dai suoi possedimenti.
Sulla base della loro veridicità, riconosciute come sculture in pietra della cultura estinta Diquìs, sono state inserite nella lista UNESCO del patrimonio dell’umanità del 2014.
Quando non si conosce una civiltà o un argomento perché cercare volutamente il mistero? Meglio aspettare che la scienza colmi gli interrogativi attraverso i risultati attendibili delle prossime ricerche e lasciare irrisolti i quesiti, almeno per ora…
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