La Lineare B è un sistema di scrittura utilizzato dai micenei, si è scoperto che in parte è una forma arcaica della lingua greca. Scritta da sinistra a destra conta circa 200 segni, dei quali una novantina sono segni sillabici con valore fonetico e i rimanenti ideogrammi con valore semantico. Esiste anche un sistema numerico decimale, costituito da linee verticali per le unità, orizzontali per le decine e cerchi per le centinaia. Si tratta di una scrittura arcaica e rudimentale, che non evidenzia bene i fenomeni fonetici del miceneo.
Documenti in Lineare B: a) tavoletta a forma di pagina (py An 657); b) tavoletta a foglia di palma (kn So 4439); c) noduli di argilla con iscrizione (py Wa 1457); d) anfora a staffa con iscrizione dipinta (th Z 839).
Fonti: a partire da Chadwick, Treuil e Marazzi in Cultraro (I Micenei, 2006, p. 23, fig. 2).
Le prime testimonianze di questa scrittura si trovano su tavolette risalenti ai secoli XIV e XIII. I testi in lineare B sono stati trovati dall’archeologo britannico Arthur Evans nel 1900 a Creta, nel Palazzo di Cnosso; altri esemplari furono rinvenuti in Grecia, a Pilo, Micene e Tebe. La scrittura micenea derivò da quella minoica, detta Lineare A, utilizzata a Creta tra il XVII ed il XV secolo, semplificandone i simboli e riadattandoli.
Ideogrammi: a) sigillo Lineare A con rappresentazione di un telaio da Hagia Triada; b) dalla Lineare B rappresentazione di una tela.
La traduzione della Lineare B si deve a Michael Ventris e John Chadwick che riuscirono a decifrarla tra il 1952 ed il 1953, spostando di oltre un millennio le origini del pensiero e della letteratura greca.
La scoperta è stata agevolata grazie a due importanti fattori: al ritrovamento di nuovi documenti, legati alla scoperta del palazzo di Pilo e alla struttura della lingua, di cui Ventris ne aveva intuito la forma mista. I segni erano composti da scrittura logografica e fonetica dal punto di vista funzionale da segni fonetici e ideogrammi. Gli ideogrammi conservando una forma pittografica rappresentativa erano facilmente identificabili. Difatti uno dei punti forti della ricostruzione dello studioso si basava sull’ideogramma del calderone con tre piedi fortunosamente accompagnato dall’indicazione ti-ri-po-de. La straordinaria corrispondenza al greco antico tripodus/odos (tripode) suggerì di continuare ad indagare le affinità morfologiche con il greco di età storica, strutturalmente legato al gruppo di lingue indoeuropee.
Ventris, a questo punto, fece uso di un sistema di decodificazione conosciuto in ambito militare, ovvero le cosiddette “triplette della Kober” dal nome della studiosa che elaborò per prima tale procedimento. Stabilita la tavola statistica, l’interpretazione dei segni venne affidata ad uno specialista, il filologo greco John Chadwick. Dopo i primi studi preliminari ai due studiosi riconobbero nelle letture fonetiche molti termini sopravvissuti nella lingua greca di età storica (Cultraro, I Micenei, 2006, pp. 24-25).
Resero al mondo intero il monumentale lavoro Documents in Mycenaean Greek (Cambridge, 1956), considerato ancora oggi una pietra miliare per la storia egea.
Gli ideogrammi attestano la tipologia difensiva micenea sulle tavolette di Lineare B. Alcune di queste tavolette sono datate al TE IIIA (attorno al 1350 a.C.) e provengono da Cnosso e da Pilo.
Il miceneo ha fornito fondamentali apporti alla comprensione degli strati linguistici del dialetto greco letterario impiegato nell’epica omerica.
Nel primo periodo degli studi moderni della filologia omerica, si riteneva infatti che il più antico strato dialettale dei poemi omerici fosse l’eolico; in seguito si comprese che alla base del dialetto di Omero c’era una forma di greco molto antica e sconosciuta, con caratteristiche dialettali proprie.
Un interessante aspetto viene dai nomi che Omero usa; infatti sembrerebbero, almeno in parte, provenire dall’epoca Micenea. Alcuni di questi finiscono con la tipica radice –eus. I nomi potrebbero essersi formati con l’aggiunta del suffisso al comune sostantivo. Diversamente dal periodo Greco Classico, il suffisso –ides o –ades (figlio) non era usato in periodo Miceneo. Un esempio è il nome di Achille/Akhilleus/A-ki-re-u ritrovato nei documenti di Pilo e Cnosso, che ne attesta l’uso intorno al 1200 a.C. (Chadwick, The Mycenaean World, 1976; Hertel, Troia, 2003, pp. 106-107).
Alcuni ideogrammi della Lineare B che rappresentano con grande dettaglio i carri e le ruote dell’epoca micenea.
Un’espressione che potrebbe essere micenea è fásganon arguróelon e la sua variante xífos arguróelon, ovvero “spada dalle borchie d’argento”. Fásganon e xífos sono parole tipicamente micenee, come arguros (argento) e forse elos (borchia). Difatti, questo tipo di arma, tipica micenea, non è stata ritrovata tra il periodo TE IIIC e il 700 a.C. (Wood, Alla ricerca della Guerra di Troia, 1988, p. 146).
Purtroppo questa rimane una solitaria espressione poiché il linguaggio di Omero è una mescolanza di molti periodi e dialetti a causa delle sue numerose interpolazioni.
Con le seguenti tabelle è possibile comprendere meglio la Lineare B, riuscendo persino a scrivere correttamente il proprio nome in Miceneo antico: