L’eroe Odisseo (Ulisse per i latini) va incontro alle “tentazioni” dell’uomo, le deve superare per scoprire se stesso e tornare in patria. Non cerca la patria come metà finale, il suo viaggio è l’eterna sete di conoscenza. Tiresia nell’Ade predice per lui che nessun ritorno sarebbe stato definitivo. Così affronta l’avidità per il denaro, dopo la partenza da Troia; il desiderio di conoscenza verso il mondo mistico, la magia rappresentata da Circe; la voglia di oblio della terra dei Lotofagi; fino alla tentazione suprema dell’immortalità dalla ninfa Calipso. Si riscopre “curioso di sapere”, nell’incontro con Polifemo e con le Sirene, dove mette a repentaglio la propria vita oltre alla via del ritorno.
Odisseo resterà una figura molto attuale, sia ai tempi di Dante che per i nostri, divenendo un eroe ed esploratore unico nel quadro letterario antico per il suo raffinato pensiero, carisma, dal multiforme ingegno. Rappresenterà il prototipo di personaggio europeo che attraverso i viaggi ha compiuto esplorazioni ai confini del conosciuto, dei limiti umani. Poiché per spingersi oltre viaggiando su un nave, un aereo o anche un’astronave, diretto verso una terra lontana e nuova, con la speranza e il desiderio di conoscere, esplorare e migrare, ci vuole sempre un atto di fede e d’immaginazione. Fa parte del nostro retaggio, il gene di Ulisse che alcuni hanno nel DNA, di intraprendere un cammino senza conoscerne l’esito e godendo dell’incertezza.
La sua voglia di conoscere è stata reinterpretata da Dante che lo colloca all’Inferno, fra i consiglieri fraudolenti, insieme al compagno Diomede, per aver osato troppo. Per aver ingannato con astuzia chi lo circondava, fra tutte l’inganno del cavallo di Troia. Ma anche per aver ripetutamente sfidato il volere divino (il furto della statua del Palladio a Troia insieme a Diomede o di essersi spinto oltre l’invalicabile limite per gli uomini delle Colonne d’Ercole). Dante, seppur condannandolo, lo esalta dedicandogli ampio spazio nella Divina Commedia. Il poeta con straordinaria intuizione ne sottolinea il vivace carattere nella celebre frase pronunciata ai suoi compagni di viaggio:
Fatti non foste a viver come bruti,ma per seguir virtute e canoscenza.
Dante, Inferno, XXVI, 119-120